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QUI POSTULAZIONE #19 ▪ Ricordando Padre Tullio Favali

L’undici aprile 1985 perdeva la vita sull’isola filippina di Mindanao Padre Tullio Favali.

Nato a Sacchetta di Sustinente (MN) il 10 dicembre 1946, egli era entrato nel PIME nel 1978 per iniziarvi nuovamente il cammino verso il sacerdozio, interrotto otto anni prima nel Seminario diocesano di Mantova quando era prossimo al suddiaconato. La fede vissuta nel modo più semplice e diretto e la «solidarietà con gli ultimi nel condividere la durezza della vita» avevano fatto chiarezza sulla sua vocazione missionaria.

Sull’isola era giunto diciassette mesi prima per aiutare il confratello Padre Peter Geremia, parroco di Tulunan, tra la popolazione oppressa dal governo dittatoriale del Generale Marcos. «La Chiesa è solidale ed alza la voce di protesta, in difesa degli oppressi – avrebbe scritto al riguardo il nuovo arrivato circa l’impegno ecclesiale –. Spesso i poveri e gli indifesi trovano unico appoggio e sostegno nella Chiesa, che si muove tra molte difficoltà e con poco risultato, dovendo affrontare un potere troppo forte e corrotto. Siamo dunque un segno di speranza e promotori della giustizia… Il nostro lavoro pastorale si svolge tra la gente di condizioni più umili e il nostro stile di vita tende a uniformarsi allo stile semplice ed essenziale della gente comune. È una scelta di vita, e non solo condizione sofferta e subita. Mi accorgo che la gente si aspetta molto dal prete. Voglio essere più partecipe e coinvolto nel cammino di questo popolo duramente provato dalla sofferenza».

Sarebbe dovuto partire per la Papua Nuova Guinea, ma continuando a tardare i visti necessari, aveva ottenuto di recarsi nelle Filippine per esser più vicino ai bisognosi e condividere con essi la durezza della vita. Sempre ponendosi nelle mani del Signore come scrisse nell’agosto del 1984: «Sono arrivato in questa ‘terra promessa’ nel novembre scorso e sono aperto ad un futuro che si costruisce secondo un piano preciso e con l’apporto di tutti coloro che si lasciano guidare dallo Spirito. Sarò anch’io uno dei tanti che cercano di capire questo disegno attraverso le vicende quotidiane e darò il mio contributo perché il piano del Regno di Dio diventi reale e visibile».

A ucciderlo furono i membri di una banda armata filogovernativa che, dopo un primo colpo al torace e un altro una volta caduto in ginocchio, continuarono a sparare sul suo corpo inerme per poi pestarlo e farne oggetto di scherno. Loro bersaglio, come in seguito appurato, sarebbe dovuto essere il confratello Geremia considerato comunista per l’appoggio dato alla popolazione angariata. Questi, però, quando gli giunse da una frazione vicina la richiesta di aiuto di un parrocchiano ferito dalla stessa banda, non si trovava in parrocchia e a prestare soccorso fu lo stesso missionario che vi giunse in moto.

«Vivere a fianco della gente e dare priorità alla persona umana che va accolta come tale, va rispettata e amata, perché mi rivela il volto di Cristo», aveva scritto Padre Favali all’inizio della sua missione e coerente a questo impegno ha vissuto. A testimoniarlo furono anche le oltre tremila persone che parteciparono al suo funerale, dopo il quale le spoglie mortali furono portate nel cimitero di Balindog dove tutt’oggi riposano

Sua questa preghiera a ringraziamento dell’essere dono per il prossimo, così come lui è sempre stato:

O Signore,

dacci la forza di rinnovare ogni giorno il nostro impegno,

dacci il coraggio di continuare nei momenti di oscurità,

illumina le nostre menti perché possiamo trovare le vie migliori

per arrivare al cuore dei nostri fratelli.

Mantienici svegli perché siamo tentati di adagiarci.

Dacci la passione per gli altri

anche se ciò comporta maggiore sofferenza.

Grazie, Signore,

per questa giornata, per le persone che ho incontrato, per le cose che ho scoperto.

Affido a te

le mie preoccupazioni e la mia gente, con tutti i suoi problemi.

Ti chiedo

di poter rispondere alle tue aspettative a quelle della gente.

Amen.

 

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